L'aborto di un papà
I volontari del numero verde dell’Associazione di Don Benzi hanno raccolto la testimonianza di Pietro (nome di fantasia), che a distanza di oltre 6 anni sta rielaborando il lutto del post aborto, dopo esser stato costretto dalla legge ad accettare la scelta della propria compagna. Ecco il suo racconto.
So che hai attraversato un momento di grande sofferenza per la morte di tuo figlio nascituro? Cosa è accaduto?
«Convivevo già da 6 anni con la madre di mio figlio ed avevo già un altro figlio di 6 anni. All’epoca solo io ero occupato con un lavoro stabile anche se molto impegnativo, perché lavoravo anche la domenica. Il nostro rapporto si era logorato moltissimo a causa della sua disoccupazione che si protraeva già da due anni e a causa dei suoi problemi caratteriali, che le impedivano di adattarsi alle esigenze dei titolari con cui veniva a trovarsi. La situazione era diventata delicata anche perchè lei era cresciuta in un ambiente agiato ed aveva difficoltà ad adattarsi ad uno stile di vita più semplice. Era quindi spesso a chiedere soldi ai suoi genitori che iniziarono ad entrare in maniera sempre più invadente nella nostra coppia.
In questo clima si accorse di aspettare il secondo figlio. Alla notizia della nuova gravidanza, io reagii con gioia ma anche con apprensione, in quanto l’equilibrio economico era precario e le continue ingerenze della sua famiglia mi stavano disturbando.
Mi trovavo spesso nella condizione di dover subire le loro decisioni, prese in mia assenza, anche quelle che sarebbero state di esclusiva pertinenza della nostra famiglia.
Veniva attuato una sorta di ricatto economico: “noi vi aiutiamo finanziariamente, ma voi dovete fare esattamente quello che vogliamo noi”.
Anche la mia compagna inizialmente aveva accettato la nuova gravidanza, anche se mi accusava di averla provocata deliberatamente, cosa non vera!
Col passare del tempo i suoi genitori la convinsero che quella gravidanza sarebbe stata di ostacolo, sia per questioni economiche, sia per la difficoltà che avrebbe avuto nella ricerca di un nuovo lavoro.
Pur sapendo che la mia compagna aveva gioito nel sentire battere il cuore del bimbo che portava in sè (me lo disse poi una sua amica con la quale andò dal ginecologo), pian piano venne convinta dai suoi genitori a disfarsi del bambino.
Nella realtà dell’ ASUR dove vivevamo, la prestazione abortiva viene fornita al pari di un appuntamento dal dentista per toglier un dente del giudizio…»
Quali sono stati i sentimenti che hai provato di fronte all’impotenza di non poter impedire questo tragico evento? Come padre, come hai vissuto tutto questo?
«È stata per me una situazione molto pesante, in quanto avevo ben chiaro che le pressioni psicologiche che subivamo non andavano bene e sentivo di volermi ribellare a tutto questo, che non fosse giusto il modo di comportarsi dei genitori della mia ex compagna.
Inoltre ho vissuto l’impotenza di essere padre in uno Stato che, con la legge 194 non tutela né il nascituro, né le idee del padre. Il papà viene totalmente ignorato nella scelta della madre sull’interruzione di gravidanza.
Di questo me ne sono reso conto quando riuscii a contattare telefonicamente il ginecologo che avrebbe poi praticato l’aborto. Nonostante le mie suppliche, mi confermò che la decisione spettava solo alla donna.
Solo con il passare degli anni, riflettendo su questi momenti, e dopo aver fatto un percorso di pacificazione interiore, mi sono sforzato di mettermi nei panni di questa donna che, consapevole o meno, ha preso questa decisione e ho cercato di comprendere quale strazio deve aver vissuto la sua coscienza nel negare la sua femminilità e la maternità e, per come è strutturata la Legge 194, ritengo che la stessa non venga applicata correttamente in quanto, pur prevedendo dei percorsi di consapevolezza nei consultori, viene applicata in maniera scorretta ed è unicamente volta all’eliminazione dei bambini».
Secondo te quali sono state le cause che hanno portato la madre di tuo figlio a compiere questo gesto? Cosa è mancato affinchè il tuo bambino potesse nascere?
«Come accennavo sopra, non è stata una gravidanza cercata e anche il momento economico che stavamo attraversando non era dei migliori, ma ritengo che avremmo potuto comunque accogliere questo bambino, se non ci fossero state enormi pressioni psicologiche da parte dei genitori della mia ex.
E’ evidente che, come tutte le coppie, anche io e la madre dei miei figli avevamo i nostri punti di forza e le nostre difficoltà, ma l’ingerenza dei suoi genitori l’avevano convinta che qualsiasi cosa facessi non andasse bene, minimizzando i miei lati migliori e amplificando i lati del mio carattere che non corrispondevano alle loro attese.
La coppia a quel punto era distrutta, venendo a mancare la fiducia da parte della mia ex nella possibilità di portare avanti, insieme alla gravidanza anche la famiglia stessa».
Quale è stato il tuo percorso interiore nei confronti della madre del tuo bambino salito al cielo?
«All’inizio ho odiato profondamente lei e tutta la sua famiglia che ha creato questa orribile situazione in cui mi sono venuto a trovare. Successivamente sono stato allontanato anche dalla famiglia, perdendo anche la quotidianità con l’altro figlio ancora piccolo.
Inoltre la mia ex compagna mi ha sottratto tutte le foto dall’inizio della convivenza fino alle più recenti con nostro figlio; ho dovuto cercarmi un’abitazione e pagare un affitto in un altro appartamento temporaneo.
In questa situazione di tremenda solitudine e dolore ho deciso che mai avrei permesso a me stesso di rivivere una situazione simile.
Ero anche molto confuso, nella mia vita non avevo mai ho provato un dolore così grande. Nonostante questo ho pensato che se avessi coltivato questo odio non sarei stato meglio, per cui decisi che dovevo cambiare diverse cose nella mia vita. Una di queste è stata il ritorno alla fede, e ai Sacramenti.
Anche nella tristezza più cupa, ho sempre pensato che la verità e l’amore hanno un senso nella nostra vita.
Finchè stavo con la mia ex compagna ero convinto di essere io il padrone della mia vita, padrone della verità e dell’amore. Invece poi ho preso consapevolezza che nella mia vita il Signore della Verità, della Vita e dell’Amore è solo Dio. Anche per questo sto cercando di stabilire una comunicazione efficace con lei, per il bene di nostro figlio. Periodicamente le nostre divergenze esplodono ancora, soprattutto per ciò che riguarda l’educazione del bimbo e le sue scelte di vita».
Da padre cosa vorresti dire al legislatore, a chi leggerà questa tua testimonianza?
«Desidero ardentemente che venga cambiata questa legge così iniqua e che non tiene conto della volontà di un padre.
Non solo, questa legge secondo me è sbagliata anche per quanto riguarda le donne, perché non considera le conseguenze a livello fisico, mentale e spirituale di chi pratica l’interruzione volontaria di gravidanza, né aiuta la donna una volta che esce dalla clinica ad affrontare quello che, secondo me, è un vero e proprio lutto, la morte violenta del proprio figlio.
La famiglia è formata da un padre e una madre, un uomo e una donna e tutto ciò che riguarda la coppia deve essere deciso insieme.
Inoltre se l’aborto è considerato un diritto, al nascituro quale diritto viene riconosciuto, se non può avere nemmeno la possibilità di decidere della propria vita? Se gli viene negato persino il diritto di vivere? Mi sembra che sia stato Giovanni Paolo II a dire “Una società che uccide i propri figli è una società senza futuro”. Io sono perfettamente d’accordo con il suo pensiero».
Fonte: https://www.semprenews.it/news/aborto-uomo-conseguenze-psicologiche.html